Il Tartaro

Il Tartaro è uno dei pochi fiumi italiani che nascono in pianura da risorgive, assieme ai suoi affluenti, ha una lunghezza di 52 km, ed è naturale. Le risorgive o fontanili del Tartaro sono localizzate sul confine dei comuni di Villafranca di Verona (VR) e Povegliano Veronese (VR), comune con 44 risorgive censite. Il territorio a sud delle risorgive iniziali è ricco di polle che fanno parte del bacino idrografico del fiume Tartaro. Fra le più a nord vanno citate le sorgenti Liona e la risorgiva Giona. Nella parte sud del suo percorso nella provincia di Verona raccoglie acque di risorgiva di tutti i comuni della parte sudovest della provincia stessa.

Si estende tra le sorgenti e la conca di Torretta di Legnago (VR). Fa parte per 18 km dell’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante, una via navigabile lunga 135 km che collega Mantova con il mare Adriatico.

Gli affluenti principali del Tartaro sono il Tione dei Monti, il Tione, il Fissero e lo Scolo delle paludi di Ostiglia. Alla confluenza del Tione, presso Gazzo Veronese (VR), sorge l’oasi del Busatello, riserva naturale affidata al WWF. Il Tartaro è la spina dorsale del sistema idrografico tra la parte terminale del Po e dell’Adige, scorrendo tra i due più lunghi fiumi d’Italia, in quanto nel suo alveo sfociano tutti i fiumi della pianura veronese.

Il Canalbianco ha come affluenti principali il Tregnon, il Menago, il Bussè, la Fossa Maestra, il Valdentro, il Ramostorto e l’Adigetto da sinistra; il Cavo Maestro Bacino Superiore e il Collettore Padano Polesano da destra.

Considerando che il Canalbianco è stato scavato nel paleoalvo del Tartaro, e che arriva fino alla conca di Volta Grimana, fra Rosolina (RO) e Taglio di Po (RO), si può ben dire al di la dei nomi che il Tartaro originariamente era lungo sui 140 Km e confluiva in epoca etrusca e romana direttamente nel mare, dividendosi in due rami (Fossiones Philistine e Ostium Carbonarie). Per ragioni storiche infatti, la popolazione locale della provincia di Rovigo chiama ancora il Canalbianco “Tartaro”. Era l’antico corso d’acqua che faceva capo a Cavarzere, un ramo del quale sfociava in mare presso Cavanella, mentre l’altro si congiungeva col Po per il canale di Loreo e la Vallona. Praticamente i due rami del Tartaro erano parte del sistema a ventaglio delle 7 antiche bocche che i latini chiamavano “Sette Mari”, sistema creato dalle foci dell’Adige, del Po e del Tartaro stesso.

La Filistina è il nome con il quale i Romani chiamavano il Po di Adria dopo averlo regolato. La fossa Filistina si suppone essere la regolazione del fiume Tartaro, effettuata dagli Etruschi tra il VI e il IV secolo a.C. e in seguito mantenuta da Greci e Romani, parte delle opere di bonifica idraulica delle paludi Adriane, ossia le paludi che circondavano Adria (RO); il nome greco Filistina (presumibilmente dato in onore di Filisto di Siracusa) non aveva però completamente sostituito l’idronimo originario celtico (o venetico) Tartaro, che continuava ad essere usato dalle popolazioni locali. La Filistina era uno dei sette rami dell’antico delta del Po.

La situazione della Filistina nel I° secolo a.C. è raccontata da Plinio il Vecchio nel libro III della sua Naturalis historia:

(LATINO)

«Inde ostia plena Carbonaria, Fossiones ac Philistina, quod alii Tartarum vocant, omnia ex Philistinae fossae abundatione nascentia, accedentibus Atesi ex Tridentinis Alpibus et Togisono ex Patavinorum agris.»

(ITALIANO)

«A partire da lì [dal porto di Adria verso nord] sfociano le bocche rimaste colme d’acqua: la Carbonaria, il Fossone e la Filistina (sebbene alcuni la chiamino Tartaro); tutte prendono origine dallo straripamento del canale Filistina, causato dalla confluenza dell’Adige (che nasce dalle Alpi Tridentine) e del Togisono (che nasce nel territorio padovano).»

Ne parla anche Publio Cornelio Tacito nel II° secolo d.C. nella sua opera di storiografia Historiae:

(LATINO)

«Mox Caecina inter Hostiliam, vicum Veronensium, et paludes Tartari flumini castra permuniit, tutus loco, cum terga flumine, latera obiecto paludis tegerentur.»

(ITALIANO)

«Poco dopo Cecina fortificò il suo accampamento fra Ostiglia, villaggio del Veronese, e le paludi del fiume Tartaro, in un luogo sicuro, con alle spalle il fiume, e le parti laterali coperte da una palude.»

A partire dal IX secolo, intorno alle sue rive nacquero i primi nuclei abitati di Badia Polesine, Lendinara, Villanova, Rovigo e Villadose. In una bolla di papa Giovanni X del 920 il fiume, presso il quale il vescovo di Adria Paolo Cattaneo fonderà il castrum di Rovigo, è ancora chiamato sia Tartaro che Filistina.

In un documento del 1067 la fondazione della nuova pieve di Santo Stefano a Rovigo è posta presso il canale, che viene chiamato ancora fossa Filistina. In un documento del XVI secolo, che ricostruirebbe schematicamente la situazione dei fiumi polesani dell’XI-XII secolo, prima della rotta di Ficarolo (RO), la fossa Filistina segue il primo dei corsi ricostruiti nella sezione “Geografia” fino a perdersi nelle rinnovate paludi Adriane; risulta inoltre collegata al Po all’altezza di Castelnovo Bariano (RO).

Legato al bacino del Tartaro è il riso Vialone Nano. Ha come caratteristica dichiarata quella di essere coltivato in aree irrigate con acqua di risorgiva. Il territorio del Vialone Nano veronese coincide praticamente con la presenza delle centinaia di risorgive che danno vita al fiume e ai suoi affluenti. Uno tra i comuni celebri per la produzione del riso Vialone Nano è Isola della Scala (VR).

Mappa del corso dei fiumi del Basso Veneto
Carta topografica che rappresenta l’idrografia del bacino tra l’Adige e il Po – Alberto Piva
Viaggio in silenzio fra le risorgive del Tartaro a Povegliano Veronese, novembre 2019 – Stefano Fazion
La storia dei fontanili situati tra Vigasio, Povegliano e Villafranca, giugno 2023 – Edoardo Cavallini
Domenica 9 novembre 2020, gli uccelli che arrivavano numerosi sopra il cielo di Nogara – Stefano Fazion
Lunedì 10 novembre 2020, sulle rive del Tartaro, il giorno dopo perfezionamento tecnica – Stefano Fazion

Oasi della Bóra

L’Oasi della Bóra, protetta dal WWF, si trova nel Comune di Povegliano Veronese, a poche centinaia di metri dal centro abitato ed è ampia circa 15.000 metri quadrati; è delimitata dal corso del Fiume Tione dei Monti, che qui confluisce nel Fiume Tartaro, e dalla Fossa Bóra che trae origine da tre piccole risorgive all’interno dell’oasi. All’interno dell’Oasi si possono osservare gran parte degli alberi propri dell’antica foresta che ricopriva la pianura veronese, come la farnia, l’olmo, il carpino, l’acero, il frassino, l’ontano, il tiglio; a questi si accompagnano arbusti quali il nocciolo, il viburno, il biancospino, il prugnolo e altri ancora. All’interno dell’Oasi trovano rifugio numerosi animali selvatici, quali il martin pescatore, la gallinella d’acqua, il codibugnolo, la cinciarella, l’usignolo di fiume, la capinera, il fringuello, la civetta, il gheppio, lo sparviere; da alcuni anni nidificano il picchio rosso maggiore e il rigogolo. Le risorgive sono popolate da cavedani, piccoli lucci, spinarelli e “magnaroni”.

Oasi del Busatello

La Palude del Busatello, protetta dal WWF, è un lembo di terra e acqua sopravvissuto alle varie bonifiche che hanno interessato le aree umide comprese tra i fiumi Adige, Tartaro, Mincio e Po nel corso dei secoli. Si estende su un territorio di circa 81 ettari a cavallo delle province di Verona (Gazzo Veronese) e Mantova (Ostiglia). L’Oasi si trova poco a sud della confluenza dei due fiumi Tartaro e Tione ed è inclusa in una area SIC molto più ampia, estesa sia nella parte veneta che in quella lombarda (chiamata Palude di Ostiglia). Attualmente tutta la palude è stata dichiarata zona “ Ramsar” secondo la convenzione di che protegge le “Zone umide di importanza internazionale”. La palude è caratterizzata da una grande distesa di Cannuccia palustre e di carici, dalla tifa, dai salici fra cui quello grigio. Si è conservata una ricca vegetazione con specie rare come: pediculare palustre, euforbia lattaiola, senecione palustre, campanellino estivo, cardo di palude e cicuta acquatica. Nel Busatello persiste la sempre più rara erba pesce che è una felce galleggiante, mentre i canali sono in parte ricoperti dal nannufero. Non manca un bosco planiziale con farnie, olmi, biancospini e altre specie tipiche degli antichi boschi padani.

I protagonisti della vita animale della Palude del Busatello sono senz’altro le 180 specie di uccelli osservati , dei quali 160 che vi nidificano: l’airone cenerino, la garzetta, il martin pescatore, l’usignolo di fiume, la poiana, il picchio, il falco di palude, il porciglione ed il migliarino. Altre importanti specie che, in primavera, arrivano al Busatello per riprodursi, sono l’airone rosso, la salciaiola, il tarabusino, il cannareccione, la cannaiola e la cannaiola verdognola.
Durante le migrazioni la palude diventa una importante area di sosta per molti uccelli tra cui il pettazzurro ed il forapaglie che è uno degli uccelli europei ad alto richio di estinzione. Durante la stagione fredda il Busatello offre rifugio a molte anatre, ai cormorani e, presenza rara altrove, al tarabuso. Oltre a numerose specie di rane e rospi, tra i rettili troviamo la presenza della testuggine palustre e del tritone punteggiato.

Documentario naturalistico di Giacomo Giannetto di marzo 2020, dopo qualche anno di ricerche ed appostamenti tra le meraviglie naturali delle paludi del Busatello.
Documentario del 1983 – Realizzazione Fomar Film – Provincia di Verona, Assessorato all’Ecologia

Cartografia storica

La cartografia storica costituisce un campo d’indagine privilegiato, che consente una potenzialità di letture da condurre su piani incrociati per ricostruire la storia della gestione e dell’evoluzione del territorio, presupposto indispensabile per una corretta gestione delle risorse ambientali, tanto più preziosa in un’epoca quale la nostra, dove le dinamiche di trasformazione del paesaggio hanno subito brusche accelerazioni e hanno stravolto equilibri durati per secoli. (Daniela Ferrari, direttrice dell’Istituto Mantovano di Storia Contemporanea, ex-direttrice dal 1993 al 2017 dell’Archivio di Stato di Mantova e delll’annessa Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica)

Bibliografia

La navigazione tra Adige e Po tra torri e paludi (Remo Scola Gagliardi – 2014)

La terra tra due fiumi – Tra l’Adige e il Po, la Mesopotamia d’Italia (Gruppo Archeologico Milanese – 2014)

Ali di risaia (Maurizio Sighele – 2010)

Dalla Lessinia al Tartaro. Economia, società ed ambiente lungo il confine veronese della Repubblica di Venezia nel ‘700 (Mauro Pitteri – 2009)

Il Tartaro fra passato e presente – Le acque, la pesca, la fauna ittica (Convegno – 1998)

Corsi d’acqua e mulini nel comprensorio dell’Alto Tartaro (Convegno – 1996)

Fontanili e risorgive (Convegno – 1995)

Istorica e geografica descrizione delle antiche paludi adriane, ora chiamate Lagune di Venezia (Carlo Silvestri – 1736)