Risorgiva Liona come una discarica. Il volontario: «Ora basta. Non la pulisco più»

La sentinella della Fossa Liona getta la spugna. Troppa amarezza e un senso di impotenza contro l’inciviltà. E così, dopo otto anni dedicati a pulire di sua volontà la splendida risorgiva di Povegliano (VR), Stefano Farina, 61 anni, consulente finanziario, ha deciso di rinunciare.

«Battaglia contro i mulini a vento»
«È una battaglia contro i mulini a vento. Si pulisce e il giorno dopo siamo allo stesso punto», ci racconta guardando le polle d’acqua cristallina del sistema delle risorgive.

La fossa Liona è tra le più grandi e rientra nel Sic, sito di importanza comunitaria, che si ricongiunge al Tartaro. Poco distanti, il Fontanin e l’oasi della Bora del Wwf. Le risorgive si estendono tra campagne private e aree consortili, ma qui non è questione di proprietà, quanto di un legame con luoghi preziosi che dovrebbe richiamare tutti a un senso di responsabilità. Come quella di Farina che di questi otto anni ha ricordi incredibili: un giorno ha riempito l’intero pontile che si affaccia allo specchio d’acqua con le bottiglie trovate sul fondale; con stivali di gomma e guanti, ha raccolto una cucina smontata e buttata in acqua; l’ultima fotografia, quella di un frigorifero accerchiato di sacchetti della spazzatura.

Cumuli di rifiuti, scarti di cantiere: molto materiale riciclabile
Ci elenca questi amari ritrovamenti passeggiando attorno alla fossa, quando avvistiamo, vicino a una polla a ridosso dell’ex base militare, l’ennesimo scempio: un ammasso di rifiuti da cantiere, scarti della ristrutturazione di una casa. Sacchi neri pieni di polistirolo e plastica, scatole per mattonelle con un’etichetta adesiva riportante un indirizzo, cumuli di tubi per gli impianti fognari e dell’acqua, cartoni da imballaggio. Molto materiale che si può riciclare.

«Ecco, come si può sopportare? Mi monta una rabbia…», si velano gli occhi a Farina che racconta: «Quando nel 2014 la fossa è stata ripristinata e tolta dalla boscaglia, le persone hanno iniziato a frequentarla. L’ho scoperta anch’io ed è stato amore a prima vista. È un luogo magico. D’estate si viene per prendere il fresco e c’è chi fa il bagno. Via via le presenze sono aumentate e così ho iniziato a pulire. Tornando a casa in bicicletta portavo con me bottiglie e lattine abbandonate. Man mano ho iniziato a venire proprio per sistemare. Raccoglievo sacchi di rifiuti e differenziavo. Ho affisso dei cartelli chiedendo di rispettare il luogo. Il Comune (che non ha competenza sul sito, ndr) mi ha persino lasciato il contatto di un operatore ecologico che, su mia segnalazione, mi aiutava a smaltire. Ho contato 230 interventi, di cui la metà affrontati con lui».

Decine di pneumatici rimossi e poi il frigo che fa…traboccare il vaso
L’inciviltà è quella di chi viene per qualche ora di ristoro e poi lascia i rifiuti di giornata. Ma anche di chi si addentra con i mezzi di notte, per scaricare, non visto, rifiuti di ogni tipo. Farina ha sistemato il pontile con un amico, ha fatto rimuovere decine di pneumatici, ha accudito la fossa Liona fedelmente. «Ma trovare il frigo è stato devastante, ho scattato l’ultima foto e ho detto basta. Pensavo che con il mio esempio la gente avrebbe maturato senso civico e rispetto di questa meravigliosa risorgiva. Ma è evidente che ho fallito».

Frustrato, Farina rinuncia e ha scritto anche una lettera di commiato alla sindaca Roberta Tedesco e agli amministratori, raccontando la sua esperienza e lanciando una proposta: organizzare un sistema di sorveglianza volontaria delle risorgive. «Lascio con amarezza, ringraziando i dipendenti comunali che mi hanno aiutato».

E l’amarezza è condivisa in municipio: «L’abbandono di rifiuti è un gesto insensato perché possono essere portati all’isola ecologica», spiega il vicesindaco Maurizio Facincani. «Abbiamo acquistato delle fototrappole e lavoriamo nelle scuole con l’educazione sulla biodiversità. Abbiamo approvato anche il documento che disciplina il ricorso ai volontari che più che guardiani potrebbero essere una presenza nelle nostre aree verdi»

Maria Vittoria Adami (L’Arena)

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